Mementos: analisi dell’inferno di Persona 5
Che le location del mondo di Persona siano curate e studiate nel minimo dettaglio non è certo un mistero. Il connubio tra lo straordinario talento artistico di Shigenori Soejima ed il simbolismo alla base di ogni capitolo della serie, ha dato vita, nel corso degli ultimi anni, ad ambientazioni indimenticabili.
Tra queste, certamente spicca il Mementos di Persona 5. Quanto segue contiene un’analisi dell’intero dungeon: se non hai ancora giocato o completato Persona 5, ti consiglio di non leggere oltre. Se invece hai apprezzato l’ultima fatica di Atlus fino alla fine, accompagna questa lettura con la traccia “Freedom and security” e immergiti in questa seconda esplorazione del Mementos.
Una rapida e indolore caduta libera nella voragine infernale:
Di questo misterioso dungeon inizialmente sapremo solo che è il “Palace for everyone’s hearts”, generato dai desideri distorti della collettività, e che si estende sotto Tokyo con la sua forma conica ispirata al celebre “La voragine infernale” di Botticelli, che ritrae l’inferno di Dante Alighieri.
Il Mementos è soggetto a diverse divisioni in zone:
- Mementos: disponibile dal 7 maggio, è diviso in sette microzone, di cui parleremo approfonditamente più avanti.
- Depths of Mementos & Qliphoth World: disponibile dal 24 dicembre, dungeon finale.
Mementos, the Palace for everyone’s hearts:
Si presenta come dungeon opzionale, nel quale potremo portare a termine delle missioni non obbligatorie ma comunque molto importanti per lo sviluppo dei personaggi e, in alcuni casi, necessarie a terminare dei Confidant.
Il tema portante del Mementos è il viaggio catartico, nel quale avremo bisogno dell’aiuto di Morgana. Il nostro gatto preferito, infatti, assume una doppia funzione: come nelle fasi di “vita da normali studenti” sarà una sorta di guida spirituale per i giovani e inesperti ladri, nelle fasi di “vita da ladri” si trasformerà in un simpatico furgoncino che permetterà ai ragazzi di immergersi sempre più negli abissi infernali.
Morgana è anche l’unico personaggio ad avere delle nozioni sul Mementos, che andrà illustrando ai nostri beniamini durante le esplorazioni. Avete un deja vù di Dante e Virgilio? Dovreste averlo.
“L’albero del male” di William Gray e Persona 5:
Il Mementos trasuda simbolismo, ormai lo avrete intuito. Ma approfondiamo l’argomento: sappiamo tutti che Atlus ama trarre spunto dall’occulto, dai libri proibiti (non ho bisogno di dirvi a cosa è ispirato Necronomicon, il Persona di Futaba, vero?) e dal mondo dell’invisibile.
Che cosa ha ispirato la creazione del Mementos? Forse avrete sentito parlare del libro “The tree of evil”, di William Gray, edito nel 1974. Se non ne avete sentito parlare, niente paura: siamo qui per essere il vostro Virgilio – o Morgana, se preferite.
In sostanza, “L’albero del male” tratta il tema della relatività dei concetti di bene e male, rifacendosi alla tradizione della Kabbalah, ampiamente esplorata nell’universo Shin Megami Tensei/Persona. Senza addentrarci troppo nel discorso filosofico, possiamo subito evidenziare come le microzone, i “gironi”, in cui è diviso il Mementos siano tratte proprio da questo libro:
- La via del materialismo: Qimranut.
- La via della follia: Aiyatsbus.
- La via dell’avarizia: Chemdah.
- La via del vizio: Kaitul.
- La via della crudeltà: Akzeriyyuth.
- La via dell’irragionevolezza: Adyeshach.
- La via dell’intolleranza: Sheriruth.
- La via dell’ignoranza, della libertà negata: Iweleth.
Le traduzioni in italiano non sono fedeli al 100% all’originale, poiché in inglese certe parole, pur ricollegandosi alla perfezione ai concetti espressi in Persona 5, sono espresse attraverso termini diversi.
Già solo leggendo i nomi cominciate a vedere la luce, eh? Ma parliamone più nel dettaglio, tenendo a mente che la condizione necessaria per accedere a ciascun blocco è l’aver completato il precedente Palace, aumentando così la fama dei Phantom Thieves.
- La via del materialismo: Qimranut.
Il primo girone presenta colori che richiamano quelli della parte finale del dungeon di Kamoshida, con accesi toni di rosso e fucsia. Lo stesso girone è un richiamo al primo boss del gioco, il cui Palace, segnato dal peccato della lussuria, è ricco di opulente decorazioni, vasi in oro e pomposi quadri. La Corona, il Treasure del re, è il simbolo del materialismo per eccellenza.
- La via della follia: Aiyatsbus.
In un’atmosfera sulle tinte del blu, il secondo blocco è un richiamo alle vicende che vedono come protagonisti Madarame e Yusuke. Il nome giapponese del blocco viene letteralmente tradotto come “mancanza di armonia”, in riferimento allo stato mentale del sensei, che a causa della mancanza di ispirazione si ritrova a ricorrere a metodi disperati come plagiare le opere dei suoi studenti pur di soddisfare i suoi vizi.
- La via dell’avarizia: Chemdah.
Il terzo blocco viene immediatamente identificato col peccato di avarizia per le sue tinte verdastre e giallastre. Ci spostiamo quindi in un luogo a tema col terzo Palace, quello del meschino Kaneshiro, ma non solo: comincia anche a sollevarsi una leggera brezza che sembra indicare la via per scendere.
- La via del vizio: Kaitul.
Il discorso si fa leggermente complesso, giunti a questo blocco. In giapponese, il nome viene letteralmente tradotto come “mancanza di virtù”, e sebbene le tinte verde acido del Kaitul siano un chiarissimo riferimento a Futaba e al suo Necronomicon, potrebbe essere in un primo momento difficile capire a cosa ci si riferisca con “mancanza di virtù” e “vizio”. Disillusa e senza speranza, Futaba abbandona la “virtù”, la sua voglia di vivere, per chiudersi in un mondo in cui non le resta altro che attendere la morte. Il suo atteggiamento di rifiuto nei confronti della realtà la fa quasi sfociare nel peccato d’accidia, che invece caratterizzerà il blocco di Iweleth.
- La via della crudeltà: Akzeriyyuth.
Il primo girone in cui l’atmosfera inizia a cambiare è Akzeriyyuth, che con le sue tinte di viola e blu ci riporta alla mente l’ambiente fantascientifico del dungeon di Mr. Okumura. Il legame tra il nome di Akzeriyyuth e il padre di Haru è palese; la crudeltà con cui Okumura infierisce sui suoi dipendenti si manifesta anche attraverso il design del blocco, nel quale cominciano a comparire le vene che affondano nel Depths of Mementos, macchie di sangue e ossa ai lati dei binari.
- La via dell’irragionevolezza: Adyeshach.
Adyeshach è il girone del “sense-robbing”, della mancanza di lucidità e della smania, accentuata da un’atmosfera molto studiata. Le cupe tinte scarlatte, le file di lapidi senza nome che invadono i vicoli ciechi, le ossa che formano volte che sorreggono il soffitto: tutto in questo girone è al limite del febbrile, del delirante, e trasmette al giocatore un perenne senso di oppressione e pericolo. Il pericolo di essere sollevata dal suo incarico, la paura di doversi guardare sempre le spalle e la perdita di un ideale sono anche ciò che ha reso Sae Niijima uno dei boss più apprezzabili di questo gioco. Per raggiungere il suo obiettivo, Sae è pronta a qualsiasi cosa: cosa c’è di più irragionevole di una giustizia cieca?
- La via dell’intolleranza: Sheriruth.
Sebbene non sia disturbante o impressionante come Adyeshach, Sheriruth ha un modo tutto suo di coinvolgere il giocatore, come una ciliegina sulla torta che chiude la parte di dungeon chiamata semplicemente “Mementos”: stiamo parlando del buio. L’oscurità non sarà solo un buon riparo per i nostri nemici, ma anche un riferimento al cupo piano di prevaricazione di Shido, che, forte della sua intolleranza nei confronti dei deboli, degli inutili, conduce la sua Ark of Elitè attraverso una Tokyo che affonda in un mare sconfinato.
Facilis descensus Mementos, Facile è discendere nel Memento:
Siamo finalmente giunti all’ultima parte del nostro viaggio, che, al contrario di quanto diceva Virgilio in merito all’inferno, è tutt’altro che facile da discendere. Vi siete muniti di “Freedom and security” come vi avevo raccomandato a inizio articolo? Fatelo!
Iweleth: la via della libertà negata, la via dell’ignoranza, per gli amici “Depths of Mementos”.
- Ingresso:
Ad aprire la strada per Iweleth troviamo una delle più colossali zone di Persona 5: una strada costeggiata dai capolinea dei treni che per tutti i blocchi del Mementos ci sono passati davanti. Quelli che ci hanno fatto chiedere almeno una volta “ma dove accidenti vanno a finire quei treni?”.
Da questi scendono decine di passeggeri senza volto, pronti ad attraversare una porta che può essere aperta solo dall’esterno: una volta dentro, essa si chiude per sempre, precludendo la strada verso la libertà.
- Corpo:
Ritroviamo qui anche le vene pulsanti che abbiamo visto aumentare nel blocco di Sheriruth, ma la loro funzione ci viene celata fino all’ultimo momento. Ci torneremo sopra, ma andiamo con calma, giacché su Iweleth c’è davvero tanto da dire.
Iweleth rappresenta infatti il tema portante del gioco: la prigionia, che se nel gioco finora abbiamo visto solo in senso figurato o mentale, qui assume contorni forti, sconvolgenti, attraverso rappresentazione visiva di persone chiuse in gabbie sospese nel vuoto o prigioni sovraffollate. La prigionia in Iweleth è tanto fisica quanto psicologica, e a confermarcelo sono gli stessi prigionieri, che si proclamano felici di essere rinchiusi, di essere sollevati dall”’onere di pensare”. Comprendete la potenza di queste parole?
È proprio questo il peccato capitale finale, incarnato da Iweleth: l’accidia.
Spendiamo due parole su questo peccato capitale, che spesso è erroneamente confuso con la pigrizia. L’accidia è invece l’indolenza, la mancanza di voglia di vivere, una perpetua malinconia che annulla la maggiore delle virtù dell’uomo: l’intelligenza, la capacità di pensare.
Ecco quindi che il significato del nome Iweleth splende in tutto il suo simbolismo: “wisdom-robbing path”, “ignorance”.
Il libero arbitrio che viene sottratto in favore di una condizione di prigionia a cui abbandonarsi, la beatitudine dell’ignoranza, del non doversi assumere responsabilità. Sopravvivere per inerzia, senza rischiare di vivere davvero. Diventa così anche chiaro il motivo per cui l’immagine del boss, quando verifichiamo il livello di sicurezza, non rappresenti un singolo individuo ma una massa: esattamente come Morgana ci aveva detto a inizio gioco, il Mementos è il Palace della collettività, che non vuole perdere il lusso di vivere nell’indolenza.
Ed ecco che a questo punto Persona 5 ci stupisce con l’ennesimo colpo di scena: si scopre che Shido e gli altri proprietari dei Palace avevano avuto il coraggio di ribellarsi a questo sistema, e che ora, per colpa nostra, sono tornati ad essere prigionieri del Depths of Mementos, uguali a tutti gli altri volontariamente reclusi.
- Velvet room, o Cella di quarantena:
Tra le sorprese che non ci facciamo mancare, non poteva non esserci una prigione nella prigione. Una prigione che in realtà si rivela essere l’unica via d’uscita dalle profondità del Memento, ma che a sua volta è intrappolata in una spirale di inganni che andranno risolti. Potremmo parlarne a lungo, ma oggi il nostro focus non è la Velvet Room.
- Capolinea:
I simbolismi nella parte finale del dungeon si sprecano. A partire dal “misterioso edificio” che ci ricorderà la torre di Babele, al quale i nostri protagonisti dovranno accedere attraverso un ponte di ossa, alle prigioni disposte a cerchio intorno a quello che finalmente si rivelerà essere il punto focale della nostra ricerca: il Santo Graal.
Il Santo Graal di Persona 5 è un calice meccanico, artificiale, creato dall’umanità, per nulla divino. Ai suoi lati due mani aperte sembrano dichiarare la resa. Le vene che abbiamo visto per la prima volta nella metropolitana del Mementos, e che abbiamo poi ritrovato più volte nel Depths of Mementos, convergono proprio al suo interno, alimentandolo con una riserva di energia praticamente illimitata proveniente dai prigionieri.
Qliphoth World, E quindi uscimmo a riveder le stelle:
L’ultima sezione di gioco è ambientata a Shibuya, divenuta un tutt’uno col Mementos. Ancora una volta Persona 5 attinge al “Tree of evil” di William Gray e dalla tradizione della Kabbalah.
Il Qliphoth è la rappresentazione del male secondo la tradizione ebraica, risultato finale della somma dei mali che abbiamo elencato precedentemente, ossia i nomi dei gironi del Mementos. Il Qliphoth è anche l’ombra di dio, e allo stesso modo lo è anche Yaldabaoth, rappresentato nella Kabbalah come l’impostore di Ain Soph, il vero dio.
Nel Qliphoth World dovremo intraprendere dei simbolici scontri con boss di fattezze angeliche: non semplici angeli, ma gli arcangeli Uriel, Michael, Raphael e Gabriel, che rappresenteranno la relatività dei concetti di bene e male.
E dopo una straordinaria ascesa verso il cielo, attraversando di nuovo un ponte di ossa e sangue, il nostro viaggio giunge finalmente al suo grand finale.
Music will change!
Ultima ma non per importanza, la componente musicale di Persona 5, a cura di Shoji Meguro, rivela la sua importanza soprattutto in queste ultime ore di gioco. Il colossale dungeon del Mementos cambia musica ben tre volte, alternando anche diversi battle theme tra i quali spicca “Rivers in the desert”, suonata durante il combattimento col Santo Graal.
- Mementos: ci accompagna nell’esplorazione della voragine infernale, si presenta come un ritmo abbastanza ripetitivo, che concorre a creare un senso di aspettativa e necessità di terminare il dungeon, di scoprire cosa si nasconda nelle sue fondamenta.
- Freedom and security: è la traccia del Depths of Mementos, dai toni cupi e nostalgici; il suo titolo esprime pienamente il tema dell’accidia di cui abbiamo ampiamente parlato sopra.
- Life will change: il viaggio catartico sta per giungere al grand finale, la riabilitazione è completa, e lasciandosi alle spalle i ritmi angoscianti del Mementos, i Phantom Thieves possono finalmente realizzare il loro obiettivo: cambiare la società.
E questo, per il Memento, è tutto.