Dopo 3 anni dall’uscita di Persona 4 Dancing All Night, Atlus ha deciso di rifiondarsi sul campo dei Rhythm games, approfittando del successo ottenuto dalla saga con l’uscita di Persona 5 e dando vita a due nuovi titoli spin-off dedicati rispettivamente a Persona 3 e Persona 5, sviluppati per Playstation Vita e Playstation 4, ed accompagnati in quest’ultima versione da una remaster HD di Persona 4: Dancing All Night. I titoli sono usciti il 24 Maggio 2018 in Giappone ed approderanno in occidente il 4 Dicembre 2018.
Al contrario del suo “predecessore”, Persona 3: Dancing in Moonlight non si pone come sequel degli eventi già narrati in Persona 3. Il team di sviluppo infatti, ha ben pensato di inserire gli eventi di Dancing in Moonlight all’interno della timeline del titolo numerato originario, approfittando di una trama di base abbastanza semplice per non complicare né danneggiare il lavoro svolto con Persona 3.
-
Introduzione:
Una volta avviato, il titolo ci porrà davanti una scenetta introduttiva, necessaria per contestualizzare il gioco e per spiegare man mano le varie modalità presenti.
Elizabeth spiegherà al protagonista, qui canonicamente Makoto Yuuki, e al resto del SEES di aver dato vita a una competizione con la sorella minore al fine di scoprire quale sia il migliore tra i loro ospiti.
Rifacendosi agli eventi di Persona 4: Dancing All Night raccontati da Margaret, Elizabeth e la sorella minore hanno deciso di far sfidare i loro ospiti e i rispettivi gruppi in una gara di ballo. Per assicurarsi la vittoria, la nostra attendant preferita ha evocato il SEES nella Velvet Room, adesso trasformata in una vera e propria pista da ballo, per convincerli ad aiutarla.
La trama di base del titolo stavolta non ci viene raccontata tramite una modalità storia: questa infatti è sostituita a tutti gli effetti dalla modalità Social, in cui potremmo parlare ed interagire con i vari membri della nostra squadra e con Elizabeth, qui rinominata Elle-P.
Interagire è tanto divertente quanto fondamentale. La modalità Social infatti ci permetterà nel corso di otto rank (contrassegnati da delle carte) di incoraggiare i nostri compagni, aiutandoli a superare le loro insicurezze come già avveniva nei Social Link. Una volta raggiunto il giusto rank potremo visitare ed esplorare liberamente le loro camere, alla ricerca di alcune carte nascoste da Elizabeth, con una visuale in prima persona supportata dal VR.
-
Gameplay – Dancing All Night:
Alternare sessioni di ballo a momenti Social è importante, in quanto è necessario portar a termine determinate condizioni legate al gameplay per sbloccare nuovi rank nella modalità Social, e viceversa è fondamentale prendere visione delle scenette e trovar le carte nascoste da Elizabeth per sbloccare costumi, accessori e persino qualche elemento di gameplay.
La natura complementaria e la coodipendenza tra le due modalità diventano evidenti sin dalle prime battute di gioco quando, una volta finita l’introduzione, il titolo ci porrà di fronte a un tutorial. Questo ci preparerà in maniera abbastanza dettagliata e completa ad affrontare la modalità Dancing, in cui ci verrà chiesto di far danzare i vari membri del SEES al ritmo dei remix della OST di Persona 3.
Come in molti noteranno sin da subito, il gameplay è rimasto quasi del tutto invariato rispetto a Persona 4: Dancing All Night. Una volta avviata la canzone, infatti, inizieranno a comparire dal centro dello schermo delle stelle bordate che si dirigeranno verso il lato sinistro o destro dello schermo, dove un semicerchio ingloba rispettivamente i tasti direzionali (meno la freccia destra) e quelli d’azione (meno il quadrato). Il giocatore dovrà dunque premere il pulsante giusto quando la stella bordata si sovrapporrà a uno dei sei tasti, stando attento a non mancare ritmo.
Le stelle bordate però, non sono le uniche note a cui bisogna stare attenti. Ad esse infatti si uniranno e si alterneranno anche quelle armoniche, quelle continue ed infine le doppie: quest’ultime sono l’unica vera e propria novità introdotta a livello di gameplay.
Per portare a termine le prime il giocatore dovrà premere contemporaneamente due pulsanti, mentre per le seconde bisognerà tener premuti i tasti richiesti per un determinato lasso di tempo, infine, come suggerito dal nome, per le terze si dovrà premere due volte di fila il tasto corrispondente.
L’ultimo aspetto del gameplay di cui è necessario parlare consiste negli scratch e nei Fever Ring. Ossia dei cerchi, blu nel primo caso e multicolore nel secondo, che richiederanno l’utilizzo degli analogici o – nel caso di attivazione dall’apposito menù – dei pulsanti L1 ed R1.
Prestare attenzione agli Scratch e ai Fever Ring non è fondamentale, principalmente perché questi non andranno mai ad influenzare negativamente la nostra performance, che li si completi o meno. Ciononostante è consigliato portarli a termine, sia per gonfiare la valutazione finale che, nel caso dei Fever Ring, per riempire un’apposita barra rappresentata da tre stelle che ci permetterà di avviare la Fever Mode. Questa ci offrirà alcuni vantaggi tecnici e farà affiancare il nostro main da un secondo ballerino per un breve lasso di tempo. I due daranno vita a delle coreografie spettacolari, differenti per ogni tipo di combinazione di personaggi presenti e consone al loro rapporto, rendendo la nostra performance ancora più emozionante e frenetica del normale.
-
Un pubblico Esigente:
Rendere la nostra performance il più entusiasmante possibile è cosa buona e giusta, specie considerando che ogni nostra mossa verrà osservata dallo sguardo critico di un pubblico particolarmente pignolo, rappresentato da un’icona in alto a sinistra.
Annoiare i nostri spettatori vuol dire arrivare al Game Over ancora prima della fine della canzone.
Star al passo con ogni singolo elemento di gameplay è tutt’altro che semplice. Il numero di elementi su schermo e il ritmo frenetico di molti remix, infatti, si traducono in una difficoltà abbastanza elevata per chi non è abituato ai giochi ritmici.
Fortunatamente però gli sviluppatori hanno pensato anche a questo, rendendo sin da subito disponibili tre su quattro livelli di difficoltà: facile, normale e difficile. Il quarto ed ultimo livello, Dancing All Night, si sbloccherà più avanti, una volta che il giocatore avrà portato a termine tutti i brani disponibili.
I fan della saga con meno esperienza potranno dunque partire dal livello più semplice, abituarsi gradualmente al gameplay del gioco ed eventualmente portare a termine le varie canzoni anche a livelli di difficoltà più alti.
Un ulteriore aiuto (o sgambetto, a seconda del caso) viene dato dalla presenza di alcuni item capaci di semplificare o rendere ancora più ardua l’esperienza. Gli item di supporto ci forniranno dei bonus di vario tipo, ma andranno a diminuire il punteggio finale; viceversa, gli item che aumentano la difficoltà ci premieranno a fine partita con dei punti extra.
Alla fine di ogni ballo ci verrà data l’opportunità di osservare un replay della nostra partita, potremo così non solo studiare le note, ma anche seguire nel dettaglio le coreografie in cui ci sono cimentati i membri del SEES. Ogni personaggio vanta dei movimenti ed uno stile unico, che ben lo rappresenta e descrive: molti dei passi di danza di Makoto ad esempio, saranno accompagnati da almeno una mano in tasca, mentre quasi tutti quelli di Akihiko prenderanno ampio spunto dalla boxe. Molte delle mosse di ballo realizzate dai nostri protagonisti, inoltre, riprenderanno delle pose storiche dell’originale Persona 3, come l’indice puntato verso il cielo, e si rifaranno allo stile di combattimento di ogni personaggio.
-
Comparto artistico – I never felt like:
È evidente che Atlus abbia posto un’enorme cura nella creazione dei modelli e dei movimenti dei personaggi. Questi risultano più vari, fluidi ed espressivi rispetto a quelli già visti in Persona 4: Dancing All Night. Non sorprende il fatto che il team di sviluppo abbia voluto sfruttare i nuovi (e finalmente moderni) modelli dei protagonisti anche fuori dalle fasi di gameplay, utilizzandoli persino nella modalità social per sostituire le sprite a cui ci avevano abituati.
Nonostante la bellezza dei disegni del character designer Soejima, bisogna ammettere che la scelta risulta abbastanza azzeccata: veder i protagonisti muoversi nel corso di ogni singola interazione regala una certa dinamicità alle scene, rendendo le fasi di dialogo meno monotone e più divertenti.
Ciò non vuol dire però che il tocco di Soejima sia del tutto assente, non mancano infatti i close-up sul volto del protagonista quando viene interpellato. A tal proposito, è interessante notare come le art realizzate da Soejima per i close-up non riprendano lo stile dell’originale Persona 3, ma quello ben più moderno di Persona 5.
Lo stesso discorso in realtà potrebbe essere fatto per tutto il comparto artistico di Dancing in Moonlight, che, pur rimanendo estremamente fedele al gioco originale, risulta essere uno strano ma rinfrescante compromesso tra nuovo e vecchio.
Sfortunatamente non è oro tutto ciò che luccica, e pur essendo divertente il gioco non è privo di difetti. Il vero tallone di Achille del titolo coincide ironicamente con quel che è anche il suo più grande punto di forza: la tracklist.
Nonostante la modalità Dancing vanti dei remix di altissima qualità, pecca nella varietà. Le track del titolo sono infatti appena 25, poche considerando sia il genere di gioco che il numero di riedizioni presenti di Persona 3, ognuna accompagnata da tracce esclusive. Non aiuta il fatto che molte di esse si ripetano più volte nel menù, seppur con dei remix diversi. Data la qualità e la cura riposta in suddetti remix, la ripetitività non risulta pesante come potrebbe sembrare, ma l’inspiegabile assenza di tracce iconiche, come Unavoidable Battle o Danger Zone, lascia comunque basiti.
Il numero è destinato a lievitare esponenzialmente col tempo, Atlus, infatti, ha già in programma una trentina di canzoni DLC, purtroppo però solo sei di queste saranno gratuite.
L’esistenza di questi DLC farà comunque la felicità dei fan più accaniti della saga: alcuni di essi ci permetteranno di usare dei personaggi altrimenti assenti nel gioco di base, tra cui gli amatissimi Shinjiro Aragaki, Koromaru, Goro Akechi, Theodore, Margaret, Lavenza, Sho Minazuki e Labrys.
Una nota di merito infine va fatta alla localizzazione: sarete infatti lieti di sapere che Persona 3: Dancing in Moonlight non solo presenta una traduzione in italiano che, qualche errore di battitura a parte, risulta essere abbastanza fedele al testo originale, ma vanta anche il dual audio.
-
Tiriamo le somme:
Concludendo: Persona 3: Dancing in Moonlight è un must per tutti gli amanti della saga e del genere. Il titolo non brillerà per numero di tracce presenti, ma rimedia in gran parte con l’ottima qualità della sua colonna sonora e con una modalità Social abbastanza appassionante.
Vedere nuovamente il SEES, con modelli poligonali aggiornati, è un piacere per gli occhi e soprattutto per il cuore, considerato il contesto leggero del titolo.