Manca ormai pochissimo all’uscita dell’attesissimo Persona 5, e nell’attesa del fatidico 4 aprile abbiamo pensato di ripercorrere i precedenti capitoli della saga con un articolo su qualcosa in cui il team Persona è maestro: le scene commoventi. Quante volte vi è capitato di sentire gli occhi pizzicare o il vostro cuore incrinarsi davanti agli innumerevoli momenti tragici dei vari Persona? A noi è successo ben più di una volta, perciò reggetevi forte prima di addentrarvi in questo tunnel di feels!
!! Attenzione: questa rubrica contiene SPOILER!
5. La morte di Yamaoka & il Persona finale di Kei (Persona)
Sin dalle sue prime battute, Persona cerca di sottolineare l’importanza del legame presente tra Kei Nanjo, uno dei personaggi principali del gioco, e Yamaoka, il suo maggiordomo.
Non è di fatto difficile notare l’interesse che il buon Yamaoka mostra ad ogni sua comparsa per l’andamento di Kei, e la felicità che il suddetto prova quando si rende conto che il nostro caro Nanjo ha effettivamente degli amici.
La profondità di quel che si capisce subito essere un legame più simile a quello familiare rispetto a quello lavorativo, si mostra in tutto il suo terrificante splendore quando, durante una certa parte del gioco, Yamaoka, ritrovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato nell’intento di seguire Nanjo (per assicurarsi che il suddetto stia bene e per proteggerlo nel caso sia necessario), muore. Prima di esalare il suo ultimo respiro però, il maggiordomo chiede al ragazzo di fargli una promessa, ovvero di diventare il numero 1 del Giappone, e di conseguenza la persona più influente della loro nazione (promessa che dimostra la fiducia riposta da Yamaoka nelle abilità di Kei).
Se all’inizio questa scena può provocare solo una leggera tristezza dato che l’avvenimento in questione è posto durante le prime fasi di gioco, non permettendo dunque al giocatore di provare più di una superficiale simpatia per Kei basata su delle prime impressioni, ciò viceversa cambia durante le fasi più avanzate del titolo (ovvero quando il giocatore avrà avuto il tempo necessario per affezionarsi ai vari personaggi) dove questo rapporto viene nuovamente evidenziato, tramite il Persona finale di Kei.
Quest’ultimo infatti si chiama proprio Yamaoka e presenta delle sembianze simili a quelle del defunto maggiordomo. Come se ciò non bastasse, in Persona 2 Eternal Punishment ci viene data l’opportunità di rivedere (e collaborare) con un Kei più adulto.
Questo ci viene presentato con un nuovo outfit che comprende una giacca di pelle con la scritta ‘To the No.1’ sulla parte posteriore, scritta che ovviamente è un riferimento alla promessa condivisa con Yamaoka. Il modo in cui questo rapporto continua a rimanere saldo e viene evidenziato anche dopo la morte del maggiordomo non può che colpire profondamente il giocatore, finendo con l’approfondire in maniera costante e col trasformare quel primo velo di tristezza in un vero e proprio abisso.
4. Il destino di Nanako (Persona 4)
Poche cose colpiscono la sensibilità di uno spettatore quanto veder soffrire un bambino. E questo Atlus lo sa. E ha deciso di sfruttarlo contro di noi in Persona 4, facendoci prima affezionare alla tenera cugina del protagonista (che qui chiameremo Yu), per poi metterla al centro di una delle scene più dolorose della saga.
Nanako sarà infatti tra le vittime dei misteriosi fatti che imperversano ad Inaba, verrà relegata nel mondo della TV e sarà compito dei protagonisti salvarla prima che sia troppo tardi. La sua innocenza è ulteriormente resa dal dungeon generato dal suo mondo interiore, chiamato “Heaven”, un paradiso fatto di colori e purezza. La differenza tra questo e gli altri dungeon è praticamente palese: non avendo alcuna corruzione o sentimenti deviati da nascondere, il mondo di Nanako è addirittura pervaso da una musica lenta e dolce, in netto contrasto con ciò a cui Persona 4 ci ha abituati. Giunti alla fine del dungeon, troveremo Nanako tenuta in ostaggio da Namatane, il quale farà da boss di fine dungeon.
Ciò che stringe davvero il cuore avviene però dopo questo episodio, quando la piccola verrà ricoverata in ospedale. Il gruppo di protagonisti deciderà di farle un regalo in vista del suo ritorno a casa, e proprio durante questa calda e piacevole scena arriverà la telefonata di Tohru Adachi con la terribile notizia: la salute di Nanako ha subito un crollo improvviso, e adesso si trova in fin di vita per motivi assolutamente inspiegabili. Di fatto, la piccolina morirà stringendo la mano di Yu, davanti all’impotente padre.
Il destino di Nanako risiede nelle mani del giocatore: è a questo punto che Persona 4 si biforca, dandoci la possibilità di cedere alla violenza dell’odio e del risentimento verso Namatame, colpevole di aver portato Nanako nel mondo della TV e di averla di fatto condannata a morte. Questo se il giocatore imbocca il sentiero della bad ending.
Nonostante nel finale canonico Nanako sia viva e vegeta, e letteralmente resusciti dalla morte grazie a Teddie, non possiamo che ammettere che la cuginetta patita del Junes ci abbia fatto perdere dieci anni di vita (e dieci litri di lacrime)!
3. Finale (Persona Q)
Quando fu annunciato Persona Q, i fan della saga si aspettavano di ritrovarsi tra le mani un titolo allegro e devoto al fanservice (nel senso positivo del termine). Quel che viceversa non si aspettavano, era di trovarsi davanti ad un gioco importante dal punto di vista narrativo e ancor di più: capace di spezzare il cuore.
Durante la parte finale del gioco infatti, Persona Q cambia volto, mettendo di lato i momenti più sereni e frizzanti a favore di un’atmosfera cupa, pesante e malinconica.
Questo cambiamento avviene assieme ad alcune rivelazioni alle volte spiazzanti, la prima delle quali consiste nella vera identità di Rei.
Rei infatti è in realtà Niko, ragazzina dalla salute cagionevole deceduta in seguito ad un aggravamento delle sue condizioni fisiche. È qui che subentra un’altra rivelazione, Rei infatti non è l’unica a non ricordare la propria identità; come prevedibile, anche Zen in realtà non è chi crede di essere.
Quest’ultimo infatti è uno degli aspetti della morte a cui, dodici anni prima degli eventi della storia raccontata in Persona Q, era stato affibbiato il compito di portare l’anima della defunta Niko nel luogo in cui ogni vita ritorna.
Il gioco ci permette di osservare gli eventi in questione tramite dei dolorosissimi flashback; ponendoci di fronte ad una Niko emotivamente distrutta e, di conseguenza, incapace di proferire parola alla scoperta della propria morte, reazione anomala che attira l’attenzione di Chronos (Zen).
Incuriosito dall’atteggiamento della ragazza, l’avatar della morte decide di ricreare una Yasogami High basata sui ricordi della giovane, nella speranza di far tornare quest’ultima a parlare. Il suo piano ha successo, ma il nuovo tipo di reazione ottenuto risulta persino più peculiare del precedente: Niko infatti inizia a consegnargli i suoi oggetti più preziosi, spiegando man mano la loro provenienza. A seguito di ciò la suddetta ha un crollo mentale, dovuto all’improvvisa consapevolezza di aver vissuto una vita priva di significato, consapevolezza che ci viene mostrata tramite battute d’impatto, dove la ragazza afferma di non avere mai avuto nulla: né amici, né genitori, né la salute. Le parole di Niko, unite al tentativo di quest’ultima di cavarsi gli occhi, terrorizzano e prendono di sorpresa Chronos che, ancora shockato, finisce con l’eliminare i ricordi della ragazza, nella speranza di trattenerla abbastanza a lungo da potere trovare una risposta che la soddisfi e la consoli, una risposta che, in sostanza: possa spiegarle il senso della sua vita. Ciò però risulta essere un’impresa impossibile per un Dio incapace di comprendere del tutto i sentimenti umani, consapevole di ciò Chronos decide dunque di sigillare anche i propri ricordi, assieme ad una parte di sé stesso.
Alla fine del gioco Zen, nuovamente in possesso della propria memoria, confronta Rei, recapitando la risposta da lei tanto attesa. La risposta ottenuta soddisfa e mette finalmente in pace l’animo della giovane, ma non cambia ciò che sappiamo già: il tempo di Rei è ormai giunto al termine e, come si scoprirà leggermente più avanti, lo stesso vale anche per Zen. Consapevoli di ciò, e dell’inevitabilità di questo fatto, i nostri protagonisti decidono di passare gli ultimi momenti assieme a quelli che sono ormai diventati dei cari amici, visitando un’ultima volta le attrazioni della finta Yasogami High. Il gioco ci mostra infine i nostri salutare a malincuore il duo, e quest’ultimi avviarsi, mano nella mano, per una rampa di scale fino a scomparire. Ovviamente non mancano i saluti anche tra i due protagonisti della storia (e tra i loro relativi team) arrivederci che sfociano ben presto nella promessa di rivedersi in futuro, promessa che per via degli avvenimenti narrati in Persona 3 non potrà ovviamente essere mantenuta.
Tra addii inevitabili, promesse destinate a non essere rispettate e un – pericolosamente – alto quantitativo di lacrime versate, Persona Q decide di salutarci a sua volta con un ultimo colpo al cuore a tradimento, inserito intelligentemente nei credits del titolo.
Durante i suddetti infatti, ci verranno mostrati Ren e Zen camminare mano nella mano (un po’ come li avevamo lasciati giusto qualche attimo prima), fermarsi, mettersi l’uno di fronte all’altro, guardarsi negli occhi e scomparire definitivamente assieme.
2. Finale & “The Answer” (Persona 3 FES)
Siamo dell’idea che il finale di Persona 3 non possa essere separato da quello che è a tutti gli effetti il suo atto conclusivo, “The Answer“, l’episodio presente solamente in Persona 3 FES. Giocare “The Answer” è necessario per comprendere non solo il finale di Persona 3, ma soprattutto per apprendere elementi di trama mai accennati nel “The Journey“, la parte di gioco che giocheremo nei panni del protagonista canonico (che qui chiameremo Minato).
Subito dopo gli eventi della notte del 31 gennaio, giocheremo alcune sequenze conclusive nelle quali sembrerà che tutto si sia risolto per il meglio, ma sarà subito chiaro che per qualche oscuro motivo Minato si stia gradualmente indebolendo. A confermarcelo sarà soprattutto voce narrante stessa, coi suoi “ti senti troppo stanco, decidi di andare a dormire presto / hai di nuovo dormito in classe / non hai fame”.
Minato morirà nel momento più atteso dal giocatore, quando i suoi compagni ricorderanno infine la promessa e si ritroveranno felicemente sul tetto della Gekkoukan High. La sua dipartita è implicitamente confermata dalla presenza di una farfalla blu che si allontana nella luce.
Ma non sarà il Journey a dirci del suo destino, sarà invece l’Answer a farlo. Qui vedremo un SEES frammentato, i cui membri stentano a rivolgersi la parola e quasi si evitano, logorati dal rancore e dal senso di colpa. Senza addentrarci troppo in area spoiler, l’arrivo della misteriosa Metis segnerà l’inizio del breve ma intenso viaggio del SEES. Il tema dell’Answer non si discosta da quello del Journey: la morte e la sua inevitabilità, ma questa volta i membri del SEES saranno soli, senza una guida e alla mercé delle loro emozioni represse.
“The Answer” è al contempo l’epilogo di Persona 3 e una nuova avventura, vissuta in un perpetuo stato di straziante conflitto tra il desiderio che Minato torni in vita e la consapevolezza che “Memento mori” è una verità inequivocabile, e che anche il giocatore, così come il SEES, dovrà farsene una ragione.
1. Morte di Maya & Finale (Persona 2 Innocent Sin)
E il primo posto della nostra classifica se lo aggiudica il finale di Innocent Sin, prima parte della duologia Persona 2. Si può affermare che il finale di Persona 2 inizi immediatamente dopo la battaglia col boss finale, a differenza di Persona 3 e Persona 4, che necessitano di alcuni minuti di gameplay per giungere all’epilogo.
Il lungo finale di Persona 2 si apre con la straziante morte di Maya, personaggio positivo che durante la trama fa un po’ da luce della speranza per il gruppo di giovani protagonisti. Il suo assassinio, simbolicamente perpetrato con la stessa lancia che nella Bibbia uccide Gesù, fa da premessa al cataclisma che per mano di Nyarlathotep si abbatte sul pianeta, distruggendo ogni forma di vita.
Con Maya si spegne anche la speranza, lasciando solo morte e disperazione. Le sue ultime parole, però, “nessuno ha il diritto di trasformare i vostri sogni in realtà se non voi” sono quasi profetiche: sacrificando gli eventi che permisero ai protagonisti di conoscersi, e con essi i ricordi del legame e dell’avventura che li uniscono, Philemon può dar vita a un nuovo mondo. Uno dove l’umanità ha ancora una speranza e i protagonisti sono vivi, ma anche dove, ironicamente, nessuno di loro ricorda gli altri.
È un mondo bianco in ogni senso metaforico: privo (per ora) di oscurità, ma anche vuoto di sentimenti. Sappiamo da Eternal Punishment che, nonostante nell’ultima scena del finale i ragazzi si rincontrino, in realtà solo Tatsuya recupererà le memorie del passato, e sarà costretto a tenerle dolorosamente per sé.
Un finale dolceamaro, che lascia nel giocatore sentimenti contrastanti, specialmente dal momento che gli eventi narrati in Eternal Punishment non sono mai giunti in Europa. Insomma, oltre il danno anche la beffa.
Siete sopravvissuti alla carrellata di feels? Bene, siamo felici di saperlo, perché questa rubrica non si ferma qui! Abbiamo infatti intenzione di farne più edizioni, magari quando potremo includere anche Persona 5. Col senno di poi, dunque, vi consigliamo di prepararvi psicologicamente!